USA, 24 canzoni piratate costano 222.000 dollari. No, 1,92 milioni. No, 25.000 trattabili !

Ricordate il caso di Jammie Thomas, la donna del Minnesota che nel 2007 fu al centro del primo processo per pirateria musicale tenuto negli Stati Uniti di fronte a una giuria? All’epoca ci fu molto clamore intorno alla megamulta di 222.000 dollari inflitta per aver condiviso su Internet ventiquattro canzoni. Una cifra stabilita per legge. La giuria arrivò alla decisione dopo ben cinque minuti di riflessione.

Da allora la lite legale è andata avanti con sviluppi decisamente inattesi: nel giugno del 2009 si è tenuto un secondo processo a carico della Thomas, dopo che il primo era stato invalidato da un errore procedurale. Ma alla signora non è andata molto bene: la giuria l’ha trovata colpevole di violazione del diritto d’autore e le ha irrogato una pena di quasi due milioni di dollari, pari a 80.000 dollari per ogni canzone. Poteva andarle anche peggio, perché la legge avrebbe consentito anche un ammontare quasi doppio.

Ma Jammie Thomas ha contestato che la sanzione era talmente sproporzionata rispetto ai danni reali da essere incostituzionale, e il giudice ha accolto l’obiezione, riducendo l’importo a 54.000 dollari, definendo i due milioni iniziali come “mostruosi e scioccanti”. La casa discografica Capitol Records, controparte nella causa, ha offerto di patteggiare un importo di 25.000 dollari. Pagabili in comode rate e da devolvere in beneficenza.

Niente da fare: le ultime notizie sono che la Thomas ha rifiutato quest’ultima proposta e si va quindi verso un terzo processo, per la semplice ragione che la signora non è in grado di pagare nessuna cifra (l’avvocato la difende gratuitamente).

La reazione dell’opinione pubblica alla vicenda è stata molto deleteria per le case discografiche e per la loro associazione, la RIAA, nonostante sia stato dimostrato che la Thomas ha effettivamente violato il diritto d’autore. La RIAA non può mollare, perché questo costituirebbe un precedente che consentirebbe ai giudici di cambiare a piacimento l’ammontare delle sanzioni in altri processi analoghi. E allora si va avanti. Quanti sono i processi analoghi in corso? Esattamente uno: quello contro Joel Tenenbaum, che ha già avviato la procedura d’appello contro la sanzione di 675.000 dollari alla quale è stato condannato.

Alla fine, il messaggio poco confortante che passa è che non c’è certezza della pena, cosa che indebolisce l’efficacia di qualunque legge, e che gli unici che guadagnano dalle liti legali fra case discografiche e utenti disonesti sono gli avvocati, ed è per questo che negli USA non ci sono altre cause analoghe. La signora Thomas, oggi Thomas-Rasset, forse riuscirà a pagare poco o nulla, ma è rimasta in ballo per ben tre anni (l’azione legale iniziò nell’aprile del 2006). Per ventiquattro canzoni. Non sarebbe stato più semplice scaricarle legalmente o comperarle in negozio?

Per chi fosse interessato, ecco i titoli incriminati:

Aerosmith – Cryin’
Bryan Adams – Somebody
Def Leppard – Pour Some Sugar on Me
Destiny’s Child – Bills, Bills, Bills
Gloria Estefan – Here We Are; Coming Out of the Dark; Rhythm Is Gonna Get You
Goo Goo Dolls – Iris
Green Day – Basket Case
Guns N’ Roses – Welcome to the Jungle; November Rain
Janet Jackson – Let’s Wait Awhile
Journey – Faithfully; Don’t Stop Believing
Linkin Park – One Step Closer
No Doubt – Bathwater; Hella Good; Different People
Reba McEntire – One Honest Heart
Richard Marx – Now and Forever
Sarah McLachlan – Possession; Building a Mystery
Sheryl Crow – Run Baby Run
Vanessa Williams – Save the Best for Last

Leave a Reply